Non è un caso che tra i primissimi speciali di Cangaceiro ci sia questo dedicato a Quentin Tarantino. Qusto ragazzo del Tennessee è un po' il padre putativo di una generazione(anzi ormai quasi due)di cinefili,un personaggio che ha riportato in auge il ruolo del regista nel cinema,nel bene e nel male,massificandolo ma dandogli quella giusta importanza che troppo spesso per ignoranza viene tralasciata. Che sia quindi un altro "re degli ignoranti",Tarantino? Direi piuttosto un idolo delle masse ma anche un eroe per chi veramente comprende il suo linguaggio. Infatti se per una parte del pubblico Tarantino è quello che fa i film fichissimi e divertentissimi con tanto sesso,violenza e parolacce,per altri fan Tarantino è "uno di no",un comune superappassionato di cinema che,tutto si può dire tranne che non ami la sua passione. Ha addirittura reso una speranza lavorare per un negozio a noleggio,facendo venire smanie di protagonismo a tanti commessi di Blockbuster ignorantelli. Questo perchè esiste un mondo dietro Tarantino che,paradossalmente è intimo e conoscono in tantissimi. Infatti QT è un ragazzo comune e forse anche banale,lontano anni luci da elucubrazioni complesse e arzigogolii intellettualistici(che qualcuno vorrebbe appioppargli). QT non avrà una scala di sentimenti ipertrofica ma è incredibilmente sensibile ad essi ed ha il potere del linguaggio. Molti critici continuano a pensare che QT sia "quello che copia i film trash" una affermazione che fa raggelare seriamente l'emoglobina per il suo qualunquismo,ma l'immensa mole di nozioni apprese ed immagazzinate da ore di visioni non sarebbero state mai elaborate nella maniera che vediamo in Pulp Fiction o Kill Bill se non vi fosse una innata propensione al linguaggio. Chiamasi anche Talento Espressivo. Solo chi crede nel fattarello in sé può essere così vacuo da polverizzare il cinema di Tarantino in queste parole. Tarantino è prima di tutto uno scrittore e non tanto un generatore di idee(sue o meno)ma un appassionato elaboratore dell'espressione cinematografica attraverso la penna(o la tastiera). Quello è il genio di QT. E quello poi si traduce nell'epicità delle sue immagini per puro mestiere e sensibilità acquisita da una sagace meditazione sul lavoro altrui. Proprio come avviene nel mondo della letteratura sin dai tempi di Erodoto. Quentin Tarantino ha visto in pochissimi film creare un mito e una concezione nuova di vedere i film ed un nuovo tipo di tentativo di emulazione,spessissimo vano. Infatti hanno fallito miseramente i vari registuculi che cercavano di essere cool imitandolo. Perchè loro volevano essere come lui ma non sapevano che lui voleva essere come Chow Yun Fat. Infatti i pochi accostabili al "tarantinesimo" sono registi che non si appoggiano a lui ma che hanno il medesimo background. In primis il "fratello" Robert Rodriguez ma anche Joe Carnahan e Craig Brewer. E non perchè nei loro film si è vista una in mutandine o c'era uno con una pistola di sbieco ma perchè c'è lo stesso amore per l'artigianato del cinema e la capacità di renderlo proprio. Pensare che Tarantino possa aver già dato tutto non è completamente campato in aria e non perchè avesse poco da dire ma perchè le sue opere fino ad ora erano talmente pregne di significato da poter bruciare tutta la vita di un uomo in poco. E' difficile pensare ad una stagione autunnale di Tarantino o ad una continua elaborazione del suo mito. Tarantino è il Jimi Hendrix del cinema e solo un mito può splendere così intensamente di luce propria.
FILMOGRAFIA
1987 - My Best Friend's Birthday
1992 - Le Iene (Reservoir Dogs)
1994 - Pulp Fiction
1995 - Four Rooms - episodio L'uomo di Hollywood (The Man from Hollywood)
1995 - Maternità (Motherhood) - episodio ER
1997 - Jackie Brown
2003 - Kill Bill vol. 1
2004 - Kill Bill vol. 2
2005 - Sepolto Vivo (Grave Danger 1- 2) Episodi C.S.I.
2005 - Sin City Special Guest Director - episodio Un'abbuffata di morte
2007 - Grindhouse segmento A prova di morte(Death Proof)
2007 - A Prova di Morte (Death Proof)
a cura di Gianluigi Perrone
mercoledì 27 giugno 2007
sabato 2 giugno 2007
ONCE UPON A TIME IN CINEMA: SPECIAL TRIBUTE TO ELI ROTH
Nato a Newton (Massachussets) nel 1972, Eli Roth è l’incarnazione del Sogno. Non americano, di nessuna nazionalità, semplicemente del sogno cinefilo di poter un giorno, dopo aver divorato migliaia di film di ogni genere, con particolare predilezione per l’horror, girare un lungometraggio che permetta di raggiungere una non trascurabile popolarità in tutto il mondo. Ebbene, quest’uomo è riuscito in tale impresa, grazie alla propria smodata passione cinematografica e, non ultimo, alla sua innegabile e simpatica paraculaggine. Ma procediamo per ordine, andando a ritroso nel 1979, anno in cui uscì il leggendario Alien, di Ridley Scott. Baby Roth ebbe l’opportunità di vedere tale capolavoro al cinema, e di vomitare letteralmente durante la scena culto del mostriciattolo che se ne esce dalle viscere di John Hurt. L’indimenticabile sequenza fu un’illuminazione per lui, trasmettendogli seduta stante la testarda volontà di creare qualcosa che sortisse il medesimo effetto ad un’intera platea di spettatori. Da lì comincia a girare una sessantina di cortometraggi in Super8, coadiuvato dal fratello minore Gabe (oggi suo aiuto regista e curatore dei contenuti speciali nei dvd), arrivando a frequentare la prestigiosa New York University, in cui si laureerà a pieni voti nel 1994, presentando come tesi un corto da lui realizzato, “Restaurant Dogs”, parodia/omaggio del Reservoir Dogs di Quentin Tarantino. Lo stesso anno inizierà un lungo excursus attraverso i più svariati set cinematografici, portandolo a fare da assistente a Robert Redford per Quiz Show (1994), a John Turturro per “Illuminata” (1998), ma l’esperienza più preziosa si rivelerà essere il lungo rapporto collaborativo con David Lynch, con cui mantenne contatti per sette lunghi anni in procinto di realizzare un delirante e visionario musical di cui poi non si fece proprio nulla. Tale esperienza non passò invano perché nel 2001, dopo aver racimolato il budget di $ 1,500,000 attraverso i più svariati finanziatori ( tra i quali anche una cara zietta), Eli inizia a girare Cabin Fever, un magma ibrido di tutto quanto la settima arte ha inculcato nel suo immaginario, con assoluta precedenza a capolavori exploitation anni ’70 (Last House On the Left su tutti, apertamente citato anche nella colonna sonora), ma soprattutto gli ultra gore degli eighties, da Evil Dead a The Thing, amalgamati da un gusto per l’assurdo in bilico tra una produzione Troma edulcorata (da cui Roth ha forse tratto prezioso insegnamento facendone da comparsa in due film, Terror Farmer e The Toxic Avenger IV), e un Lynch alle prime armi. Il risultato, seppur lungi dall’essere un capolavoro, è originale e sorprendente quanto basta per far gridare al miracolo pletore di horrorofili vecchia scuola, anestetizzati e rincoglioniti da un fottio di epigoni di Scream, e da troppo tempo bramosi di carne e sangue ex novo. Senza contare, poi, l’entusiasmo che scatenerà in Peter Jackson, il quale vi ritroverà l’iconoclastia delle sue stesse prime opere, e soprattutto gli incensi di Quentin Tarantino, che arriverà a definire Roth “il futuro dell’horror”. Grazie a ciò, si innescherà un gran battage pubblicitario, sia via web (inaugurato da Eli stesso, attualmente curatore della sua stessa page su My Space, all’indirizzo www.myspace.com/eliroth) sia attraverso riviste specializzate, il quale porterà Cabin Fever ad essere il più grande successo mai prodotto dalla Lions Gate fino al 2003. Nel 2005, assieme ai registi Scott Spiegel (Intruder), Boaz Yakin (Remember The Titans), Eli fonda la casa di produzione Raw Nerve, la quale sforna come primo film il godibilissimo remake di 2001 Maniacs diretto da Tim Sullivan.Nello stesso anno, con il beneplacito di Tarantino nelle vesti di produttore esecutivo, Eli scriverà e dirigerà Hostel, horror che, beneficiandosi del successo ottenuto dal remake di “The Texas Chainsaw Massacre” (con cui condivide uno dei produttori, Chris Briggs) e di “Saw”, mescola senza soluzione di continuità il gusto per l’orrido mainstream oltreoceanico, impreziosendo il tutto con un pizzico di cattiveria visiva plasmata da film orientali attuali, come “Audition” di Takashi Miike ( lo slow burning dello svolgimento dei fatti, e il vedo/non vedo per i dettagli) e “Sympathy for Mr.Vengeance”. Inoltre non viene tralasciata una forte dose di critica sociale, scambiata dai più per superficialità tutta “boobs and gore”, ma di questo se ne parlerà dopo. Nonostante le controversie scatenate da “Hostel”, il nome di Roth è sempre più brillante tra le stelle rosso sangue del firmamento gore contemporaneo, assieme a quelle di Rob Zombie (House of the 1000 Corpses, The Devil’s Rejects), Neil Marshall (Dog Soldiers, The Descent), Edgar Wright (Shaun of the Dead, Hot Fuzz), Greg McLean (Wolf Creek), James Wan (Saw, Dead Silent) e Darren Bousman (Saw II, Saw III), tutti appartenenti al club denominato “Splat Pack”. Roth vanta numerosi fans, ma anche schiere di detrattori che odiano i suoi film e lo vorrebbero morto (“Davvero non capisco coloro che mi vogliono morto perché detestano quello che faccio, additandolo come troppo malato e violento…se non vi piacciono gli horror, non guardate i miei film, e lasciate che continui a vivere felice e contento, e che cazzo!”, ha dichiarato più volte il cineasta. Tutto questo non gli ha impedito di realizzarne un sequel di prossima uscita ( il promettente Hostel:Part II, sugli schermi italiani il 22 Giugno), contemporaneamente a quello che con tutta probabilità è il fake trailer più essenziale e divertente contenuto nella double feature di “Grindhouse”, “Thanksgiving”, 3 minuti di orgasmica e tardo adolescenziale retrospettiva dello slasher anni ’80 (Halloween 2, Prom Night, Cutting Class,ecc.), con una simpatica vena di sessualità malata ed esplicita (tenuta a freno a stento nei lungometraggi, per cause di forza maggiore) attribuibile ad un nipotino di John Waters appena appena più timido.
Lo si odi o lo si ami, Eli Roth avrà tante sorprese da riservare in un prossimo futuro: la sua abile e accattivante destrezza nel catalizzare l’attenzione su di sé, da parte di riviste, tv, web, l’innata e instancabile dote nel riuscire ad attingere a piene mani da un cinema anacronistico (l’exploitation anni ’70, lo slasher degli eighties, ecc.), reso più appetibile e fruibile per le nuove generazioni, senza scendere a compromessi troppo patinati ed MTV style, lo rendono quanto meno degno di attenzione. Senza scordare che è (o meglio, è stato) uno di noi…
“E’ bizzarra tutta l’attenzione e la popolarità che giorno dopo giorno ricevo. In fondo, fino all’altro ieri ero il classico movie goer che macinava centinaia di chilometri in macchina, con lo scopo di arrivare ad una convention, e fare la fila per ottenere l’autografo di Kane Hodder (il Jason di svariati Friday the 13th).”
FILMOGRAFIA
2002 - Cabin Fever
2005 - Hostel
2007 - Fake Trailer Thanksgivin'
2007 - Hostel 2
Speciale a cura di Francesco Furlotti
Lo si odi o lo si ami, Eli Roth avrà tante sorprese da riservare in un prossimo futuro: la sua abile e accattivante destrezza nel catalizzare l’attenzione su di sé, da parte di riviste, tv, web, l’innata e instancabile dote nel riuscire ad attingere a piene mani da un cinema anacronistico (l’exploitation anni ’70, lo slasher degli eighties, ecc.), reso più appetibile e fruibile per le nuove generazioni, senza scendere a compromessi troppo patinati ed MTV style, lo rendono quanto meno degno di attenzione. Senza scordare che è (o meglio, è stato) uno di noi…
“E’ bizzarra tutta l’attenzione e la popolarità che giorno dopo giorno ricevo. In fondo, fino all’altro ieri ero il classico movie goer che macinava centinaia di chilometri in macchina, con lo scopo di arrivare ad una convention, e fare la fila per ottenere l’autografo di Kane Hodder (il Jason di svariati Friday the 13th).”
FILMOGRAFIA
2002 - Cabin Fever
2005 - Hostel
2007 - Fake Trailer Thanksgivin'
2007 - Hostel 2
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