sabato 2 giugno 2007

ONCE UPON A TIME IN CINEMA: SPECIAL TRIBUTE TO ELI ROTH

Nato a Newton (Massachussets) nel 1972, Eli Roth è l’incarnazione del Sogno. Non americano, di nessuna nazionalità, semplicemente del sogno cinefilo di poter un giorno, dopo aver divorato migliaia di film di ogni genere, con particolare predilezione per l’horror, girare un lungometraggio che permetta di raggiungere una non trascurabile popolarità in tutto il mondo. Ebbene, quest’uomo è riuscito in tale impresa, grazie alla propria smodata passione cinematografica e, non ultimo, alla sua innegabile e simpatica paraculaggine. Ma procediamo per ordine, andando a ritroso nel 1979, anno in cui uscì il leggendario Alien, di Ridley Scott. Baby Roth ebbe l’opportunità di vedere tale capolavoro al cinema, e di vomitare letteralmente durante la scena culto del mostriciattolo che se ne esce dalle viscere di John Hurt. L’indimenticabile sequenza fu un’illuminazione per lui, trasmettendogli seduta stante la testarda volontà di creare qualcosa che sortisse il medesimo effetto ad un’intera platea di spettatori. Da lì comincia a girare una sessantina di cortometraggi in Super8, coadiuvato dal fratello minore Gabe (oggi suo aiuto regista e curatore dei contenuti speciali nei dvd), arrivando a frequentare la prestigiosa New York University, in cui si laureerà a pieni voti nel 1994, presentando come tesi un corto da lui realizzato, “Restaurant Dogs”, parodia/omaggio del Reservoir Dogs di Quentin Tarantino. Lo stesso anno inizierà un lungo excursus attraverso i più svariati set cinematografici, portandolo a fare da assistente a Robert Redford per Quiz Show (1994), a John Turturro per “Illuminata” (1998), ma l’esperienza più preziosa si rivelerà essere il lungo rapporto collaborativo con David Lynch, con cui mantenne contatti per sette lunghi anni in procinto di realizzare un delirante e visionario musical di cui poi non si fece proprio nulla. Tale esperienza non passò invano perché nel 2001, dopo aver racimolato il budget di $ 1,500,000 attraverso i più svariati finanziatori ( tra i quali anche una cara zietta), Eli inizia a girare Cabin Fever, un magma ibrido di tutto quanto la settima arte ha inculcato nel suo immaginario, con assoluta precedenza a capolavori exploitation anni ’70 (Last House On the Left su tutti, apertamente citato anche nella colonna sonora), ma soprattutto gli ultra gore degli eighties, da Evil Dead a The Thing, amalgamati da un gusto per l’assurdo in bilico tra una produzione Troma edulcorata (da cui Roth ha forse tratto prezioso insegnamento facendone da comparsa in due film, Terror Farmer e The Toxic Avenger IV), e un Lynch alle prime armi. Il risultato, seppur lungi dall’essere un capolavoro, è originale e sorprendente quanto basta per far gridare al miracolo pletore di horrorofili vecchia scuola, anestetizzati e rincoglioniti da un fottio di epigoni di Scream, e da troppo tempo bramosi di carne e sangue ex novo. Senza contare, poi, l’entusiasmo che scatenerà in Peter Jackson, il quale vi ritroverà l’iconoclastia delle sue stesse prime opere, e soprattutto gli incensi di Quentin Tarantino, che arriverà a definire Roth “il futuro dell’horror”. Grazie a ciò, si innescherà un gran battage pubblicitario, sia via web (inaugurato da Eli stesso, attualmente curatore della sua stessa page su My Space, all’indirizzo www.myspace.com/eliroth) sia attraverso riviste specializzate, il quale porterà Cabin Fever ad essere il più grande successo mai prodotto dalla Lions Gate fino al 2003. Nel 2005, assieme ai registi Scott Spiegel (Intruder), Boaz Yakin (Remember The Titans), Eli fonda la casa di produzione Raw Nerve, la quale sforna come primo film il godibilissimo remake di 2001 Maniacs diretto da Tim Sullivan.Nello stesso anno, con il beneplacito di Tarantino nelle vesti di produttore esecutivo, Eli scriverà e dirigerà Hostel, horror che, beneficiandosi del successo ottenuto dal remake di “The Texas Chainsaw Massacre” (con cui condivide uno dei produttori, Chris Briggs) e di “Saw”, mescola senza soluzione di continuità il gusto per l’orrido mainstream oltreoceanico, impreziosendo il tutto con un pizzico di cattiveria visiva plasmata da film orientali attuali, come “Audition” di Takashi Miike ( lo slow burning dello svolgimento dei fatti, e il vedo/non vedo per i dettagli) e “Sympathy for Mr.Vengeance”. Inoltre non viene tralasciata una forte dose di critica sociale, scambiata dai più per superficialità tutta “boobs and gore”, ma di questo se ne parlerà dopo. Nonostante le controversie scatenate da “Hostel”, il nome di Roth è sempre più brillante tra le stelle rosso sangue del firmamento gore contemporaneo, assieme a quelle di Rob Zombie (House of the 1000 Corpses, The Devil’s Rejects), Neil Marshall (Dog Soldiers, The Descent), Edgar Wright (Shaun of the Dead, Hot Fuzz), Greg McLean (Wolf Creek), James Wan (Saw, Dead Silent) e Darren Bousman (Saw II, Saw III), tutti appartenenti al club denominato “Splat Pack”. Roth vanta numerosi fans, ma anche schiere di detrattori che odiano i suoi film e lo vorrebbero morto (“Davvero non capisco coloro che mi vogliono morto perché detestano quello che faccio, additandolo come troppo malato e violento…se non vi piacciono gli horror, non guardate i miei film, e lasciate che continui a vivere felice e contento, e che cazzo!”, ha dichiarato più volte il cineasta. Tutto questo non gli ha impedito di realizzarne un sequel di prossima uscita ( il promettente Hostel:Part II, sugli schermi italiani il 22 Giugno), contemporaneamente a quello che con tutta probabilità è il fake trailer più essenziale e divertente contenuto nella double feature di “Grindhouse”, “Thanksgiving”, 3 minuti di orgasmica e tardo adolescenziale retrospettiva dello slasher anni ’80 (Halloween 2, Prom Night, Cutting Class,ecc.), con una simpatica vena di sessualità malata ed esplicita (tenuta a freno a stento nei lungometraggi, per cause di forza maggiore) attribuibile ad un nipotino di John Waters appena appena più timido.
Lo si odi o lo si ami, Eli Roth avrà tante sorprese da riservare in un prossimo futuro: la sua abile e accattivante destrezza nel catalizzare l’attenzione su di sé, da parte di riviste, tv, web, l’innata e instancabile dote nel riuscire ad attingere a piene mani da un cinema anacronistico (l’exploitation anni ’70, lo slasher degli eighties, ecc.), reso più appetibile e fruibile per le nuove generazioni, senza scendere a compromessi troppo patinati ed MTV style, lo rendono quanto meno degno di attenzione. Senza scordare che è (o meglio, è stato) uno di noi…
“E’ bizzarra tutta l’attenzione e la popolarità che giorno dopo giorno ricevo. In fondo, fino all’altro ieri ero il classico movie goer che macinava centinaia di chilometri in macchina, con lo scopo di arrivare ad una convention, e fare la fila per ottenere l’autografo di Kane Hodder (il Jason di svariati Friday the 13th).”

FILMOGRAFIA

2002 - Cabin Fever

2005 - Hostel

2007 - Fake Trailer Thanksgivin'

2007 - Hostel 2

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Speciale a cura di Francesco Furlotti

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